Era cauta nel parlare, nel porsi agli altri; lo era non per tatto, ma per opportunità: sembrava abituata a non svelare mai i suoi propri pensieri.
Si avvicinava agli altri con ironia, sempre scherzando: era impossibile conoscerla davvero.
Era carina senza essere bella, aveva occhi vivaci e sempre all’erta e un sorriso aperto. Era molto competitiva, abituata a stringere i denti e a spingere avanti, in ogni condizione.
Dava l’impressione di sentirsi inadeguata, di sentirsi sempre osservata e sotto esame, tenuta sulla corda da chi lei amava e ammirava incondizionatamente, quasi con reverenza.
E sembrava sempre preoccupata. Di essere all’altezza della situazione, di essere elegante, di non sbagliare mai, di essere preparata. La sua cifra era la preoccupazione.
Non poteva essere spontanea, era stretta in una ragnatela appiccicosa di amore, benessere e aspettative che le toglievano il respiro ampio della possibilità.
E non poteva lasciare avvicinare seriamente nessuno, perché nessuno capisse questo intrico di debolezza e amore, di gratitudine e sottomissione, che davano il ritmo alla sua vita.
Una vita faticosa, forse ancora così.