Ieri e oggi

C’era una volta una studentessa, brava, che al termine delle Medie aveva deciso di iscriversi al Liceo Scientifico.

I suoi genitori, uno con la licenza media e l’altro con la licenza elementare, non avevano capito, si erano solo rassegnati: per loro la strada da percorrere avrebbe dovuto essere Ragioneria –> concorso per ufficio pubblico –> stop. Comprensibile: nell’arco di una generazione, allora, non si passava da una licenza elementare direttamente ad una laurea, ci doveva essere quel passaggio intermedio del diploma.

Comunque il Liceo Scientifico era alla sua portata: la prima è volata via senza problemi, con un’insegnante di matematica eccezionalmente brava che spiegava in modo chiaro e partecipe. Purtroppo quest’insegnante era al suo ultimo anno, era arrivata alla pensione.

La seconda ha portato con sé una nuova insegnante di matematica che, beh ecco, definirla insegnante di matematica forse era una parola grossa: camice bianco con ascelle pezzate, odori sparsi di sugo, cipolla, brasato… ancora oggi la studentessa, brava, si chiede che cosa facesse in classe: non c’è ricordo di alcun elemento che ricordasse vagamente la matematica di quell’anno. Un buco.

Un buco. E la terza si è aperta con questo buco in matematica. La terza Liceo Scientifico, allora (oggi non lo so) era la classe dello scatto: si cambiavano quasi tutti i professori, i programmi si complicavano e, insomma, si iniziava a ballare sul serio.

E la studentessa, brava, ha iniziato a ballare sul serio con questo buco in matematica. Che al Liceo Scientifico non è esattamente la cosa più appropriata.

Gli insegnanti di matematica del triennio di quella scuola, allora, erano dei personaggi da romanzo, tutti. L’insegnante che era toccata alla studentessa, brava, era laureata in Fisica, una mente, un pozzo di conoscenze, capelli bianchi, vestiti coperti di gesso, alta come la cattedra: dopo una specie di prova d’ingresso ante litteram, aveva sentenziato che in quella classe, una ventina di disperati, solo sei capivano qualcosa di matematica.

La studentessa, brava, era tra quei sei. Son soddisfazioni. Lei e il suo buco in matematica si arrabattavano e con grande sforzo mentale ed emotivo arrivavano a 5 e mezzo, 6 quando gli astri si allineavano.  Si pensi a quei 15 che non capivano una viola. Era un bagno di sangue ad ogni compito in classe: li riconsegnava in ordine crescente di voto, si partiva da 1… la studentessa ricominciava a respirare quando il suo nome non era comparso prima del 4…

Aveva tenuto botta in terza con “analitica”, ma in quarta con “trigonometria” la mente le si andava ingarbugliando vieppiù; era ora di prendere ripetizioni. La sua scrivania, nella sua camera, era un tappeto di buchi: ad ogni esercizio fatto e rifatto e rifatto e mai venuto, piantava ripetutamente la penna, come per bucare l’arrosto…

Pigrizia mentale, demotivazione a esercitarsi, 17 anni: tutto insieme era esplosivo.

E le ripetizioni aiutavano, obbligando la studentessa, brava… mah forse non più, a concentrarsi, ad impegnarsi, ad esercitarsi.

Altri tempi: la professoressa di matematica attaccava una dimostrazione, su una di quelle lavagne di allora, basculanti, piccole, e non si girava verso gli studenti prima d’aver riempito di numeri anche l’angolo in basso a destra; si girava e distrattamente diceva, OK? – e iniziava a cancellare per proseguire la dimostrazione. Altri tempi.

Non si preoccupava di sapere se gli studenti seguivano oppure no; 6 studenti capivano, 15 non capivano una mazza. Punto.

Adesso mi sembra che le cose siano un po’ diverse. Magari non sono perfette, ma insomma mi piace moltissimo leggere di professori che spiegano interessandosi di sapere se chi ascolta capisce. Mi piace leggere che le verifiche vengono preparate ad hoc e non copiate da un anno all’altro, perché gli studenti e le loro teste sono sempre diversi.

La sudentessa, brava… all’inizio poi magari un po’ meno, una dei sei che capiva, ha dato la maturità senza sapere veramente che cosa fosse una derivata, per dire. Sicuramente la professoressa l’aveva spiegato, scrivendo velocemente sulla lavagna basculante, riempiendo tutti gli spazi fino all’angolo in basso a destra, cancellando e scrivendo di nuovo, senza mai girarsi a guardare in faccia i suoi studenti, senza mai chiedersi se un po’ di responsabilità per quei quindici che non capivano potesse essere anche la sua.

A proposito, c.h.e. c.o.s.a. c.a.v.o.l.o. è. u.n.a. d.e.r.i.v.a.t.a.?

 

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Quando una donna si sveglia, le montagne si muovono Proverbio cinese
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19 risposte a Ieri e oggi

  1. im1dreamer ha detto:

    Liceo classico. Negata in matematica 😂

  2. ellegio ha detto:

    La derivata serve a misurare la velocità con cui aumenta una funzione. Per esempio, considera l’altezza di una persona, che cambia nel tempo da quando nasce a quando invecchia. All’inizio l’altezza aumenta tanto (derivata positiva e grande) poi rallenta (derivata positiva ma un po’ minore) poi ci deve essere un aumento rapido per i maschi intorno ai 14-15 anni (tra il primo e secondo anno di superiori ci sono certi ragazzini che prendono anche 10 cm : derivata ancora positiva). Poi c’è un lungo periodo in cui l’altezza è grossomodo costante (derivata zero) e forse verso la vecchiaia diminuisce un po’ (derivata negativa).
    Ma volevi davvero sapere cos’è la derivata? 🙂

    Le lavagne basculanti ci sono ancora. Ma ora ci sono anche gli smartphone, e uno può sempre fare una foto alla lavagna per rivedere i passaggi a casa con calma.

    • ogginientedinuovo ha detto:

      Grazie! Vedi che è possibile spiegare le derivate in modo comprensibile?! Quando vedo la mia vecchia prof, glielo dico (è uguale al giorno della maturità, non è cambiata di una virgola dopo 27 anni…).
      Davvero ci sono ancora le lavagne basculanti?! Credevo che ci fossero le lavagne a muro tutta parete… Beati i tuoi ragazzi che possono fotografare le varie “lavagnate” 😉

    • Nuzk ha detto:

      Grande! Me le avessero spiegate così alle superiori o all’università sarebe stata una gran cosa… 🙂

  3. Maurizio Vagnozzi ha detto:

    Beh, la derivata, in termini molto banali è la misura del cambiamento …. Derivate e integrali sono la bibbia della matematica, e i numeri primi i suoi n-comandamenti.

    Ti capisco. Io ho avuto un insegnante incredibile di matematica e una fantastica di filosofia al liceo: ancora oggi, a 37 anni dalla maturitá, risolvo tranquillamente equazioni a sistemi complessi, grazie a loro ….

    • ogginientedinuovo ha detto:

      Gli integrali! Mi ero esercitata bene sul segno che mi veniva proprio bellino 😉
      Per non parlare della prof di filosofia: – Ogginientedinuovo, dimmi le date di nascita e morte di Carlo Marx (nomi tutti tradotti in italiano… Federico, Benedetto ecc) e le opere fino al ’46 – Risposta. – Bene, Ogginientedinuovo! Ti do 7.
      Secondo te?
      Se risolvo i problemi de Il Cantastorie mi bacio i gomiti 😉

  4. Ma Bohème ha detto:

    Ho avuto la fortuna di seguire i miei studenti per tutti i cinque anni del liceo. (Liceo Linguistico, non prof di matematica, specifico per evitare di essere punzecchiata da te ! 🙂 )
    Dico “fortuna” perché per un insegnante/educatore è una gioia seguire la loro crescita culturale e umana, aiutarli anche “sgridandoli” a volte, facendo loro capire che il rimprovero è segno dell’interesse nei loro confronti e non un atto autoritario. Ho sempre pensato che l’insegnante debba essere autorevole non autoritario, che emani autorevolezza grazie alla sua preparazione ma anche all’umiltà di rispondere ad una particolare domanda, magari un po’ impegnativa, con “guarda, non lo so. Mi documento e poi ne parleremo”. Si guadagna in rispetto, quindi in comunicazione, in dialogo: il processo di apprendimento ne beneficia, e non poco, il lavoro del docente diventa straordinariamente gratificante.
    Primula
    p.s. ne approfitto per lasciarti gli auguri di Pasqua. Tanta serenità a te e alla tua splendida famiglia. 🙂

  5. ogginientedinuovo ha detto:

    Credo che i tuoi studenti siano stati fortunati! Quando andavo al liceo io, era un’altra musica, almeno nella mia scuola: i professori non pensavano di doversi “guadagnare” il rispetto, né di dovere agli studenti qualcosa in più rispetto alla lezione frontale classica.
    Ma guarda che i professori di matematica mi sono molto simpatici! E mediamente li ammiro: per me sono tutti piccoli Einstein 🙂
    Buona Pasqua anche a te e alla tua famiglia!

  6. è davvero piacevole leggerti..colplimenti 🙂

  7. 'povna ha detto:

    Potremmo fare una bella derivata di come è cambiata la funzione scuola in questi anni. Anche io ho avuto molti insegnanti come quelli che descrivi. E non penso che facciano una buona scuola. Però penso anche che a scuola si impari anche che cosa significa imparare in gruppo, e che delle volte il modello troppo calibrato sui bisogni individuali non sia educativo. O, meglio, non educativo rispetto a quello che dovrebbe insegnare la scuola pubblica. Ci sono cose, problemi, questioni che al mondo si ripresentano sempre uguali a se stesse. La scuola può, e mio avviso deve, insegnare anche questo. Coi toni giusti, ma anche ricordando che un fiume non ferma la corrente solo perché la mia bella faccetta è diversa da quella di chi guardava il fiume un giorno fa.
    Un giusto mezzo, in questo, sarebbe una auspicabile terza via.

  8. ogginientedinuovo ha detto:

    Credo che ci siano, e ci siano sempre stati, professori molto preparati, ma non capaci di far passare il loro sapere agli studenti (la mia prof di matematica era una di questi). Ci sono, e ci sono sempre stati, ottimi professori molto preparati “nati per insegnare” (i miei prof di italiano di tutte le scuole che ho frequentato, la mia prof d’inglese del liceo, per citarne alcuni).
    Ci sono, e ci sono sempre stati, professori che bivaccano in attesa del 27 del mese, che hanno scelto di insegnare perché “è comodo avendo una famiglia”. Ma le stesse tipologie le trovi anche in azienda: la scuola insegna a gestire la vita perché è come “giocare alla vita per prepararsi alla vita”. Da studente impari a gestire tutte queste tipologie, anche quelle che non ti danno niente a livello intellettuale, né più né meno che nella vita adulta; impari che ti devi motivare da solo, a volte.
    Sono d’accordo che l’eccessiva personalizzazione vada, alla fine, a scapito delle persone (perché gli studenti non sono solo studenti, prima di tutto sono persone): per questo sono contraria alla moda di cambiare scuola ai figli alla prima difficoltà.
    L’ideale per me sai qual è? Insegnare per mestiere, perché ci si crede, non farlo mai diventare un lavoro, né una comodità quando si ha famiglia…
    Io non insegno, non mi sono mai abilitata di proposito perché sono consapevole che non sarei una brava insegnante.
    Che dici? Si riuscirà a portare a scuola la passione per l’insegnamento?

  9. Nuzk ha detto:

    Anch’io con la matematica ho quasi sempre litigato. Unica eccezione in prima superiore in cui avevo 9 e una prof incredibile. Mi dispiaceva per la fisica perchè mi piace molto ma la spiegavano sempre in funzione della dimostrazione di matematica…e logicamente lì cascava l’asino…cioè io! Però quando ripenso alle superiori o all’università quelli che mi tornano in mente con tanto affetto sono i purtroppo non molti, professori in gamba che mi hanno fatto appassionare alle loro materie e che mi hanno trasmesso lezioni di vita che ancora ora sento valide. Grazie per questo post, mi ha fatto ripensare ad alcune belle persone che ho avuto la fortuna di incontrare in momenti importanti della mia vita.

    • ogginientedinuovo ha detto:

      Anch’io ho avuto bravissimi insegnanti, guarda caso una di questi era la prof di inglese (poi mi sono laureata in inglese…); la stessa prof di matematica, devo dire, era molto preparata, purtroppo insegnare non le riusciva – magari sarebbe stata una grande ricercatrice…
      Grazie a te e buona Pasqua!

  10. unsassoverticale ha detto:

    Manco a dirlo sono molto d’accordo con la ‘povna: abbiamo già ragazzi cresciuti con l’idea di essere gli unici al mondo, purtroppo, il lavoro di gruppo è molto educativo sotto tanti punti di vista. Basti dire che nella mia classe anche i più individualisti alla fine imparano a collaborare. Ma sto andando OT. I danni più grossi, secondo me, li fanno gli insegnanti che a vario titolo vorrebbero essere da un’altra parte: a casa, in qualche istituto di ricerca, a scrivere libri o a curare il giardino. Gli altri hanno sempre come tutti margini di miglioramento, ma almeno investono per assottigliarli.

    • ogginientedinuovo ha detto:

      Sono d’accordo con te: smussare gli individualismi, oggigiorno molto accentuati, è solo salutare. La scuola che ho frequentato io illo tempore non era del tutto negativa e c’erano buoni insegnanti anche allora; la scuola di oggi mi sembra più rispettosa della persona a tutto tondo, più attenta agli studenti nel senso che c’è più volontà di capire le differenze, le difficoltà e c’è più disponibilità a cercare delle modalità alternative alla lezione io-spiego-tu-ascolti-punto.
      Poi, come dicevo, ci sono tante tipologie di professori così come tante tipologie di studenti e, novità rispetto a 30 anni fa, tante tipologie di genitori che, francamente, potrebbero starsene ampiamente a casa.
      Si può migliorare? Penso di sì, tutto è perfettibile. Ma non sono comunque tra chi vede del buono solo all’estero: la nostra scuola è una buona scuola. Auguri di una serena Pasqua!

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