In casa, noi abbiamo un solo tavolo, in cucina.
E’ un vecchio tavolo di legno con il piano molto rovinato: non più liscio, dal colore non più uniforme, con qualche crepa ed alcune macchie; è il tavolo ideale per una cucina, è il tavolo di cui non ci si deve preoccupare, sul quale si può pensare di iniziare ogni tipi di attività senza il timore di rovinarlo.
Questo vecchio tavolo sta al centro della stanza, come nelle cucine di tanti anni fa e serve per preparare da mangiare: si impasta, si tagliano le verdure, si pesano gli ingredienti, si assemblano le lasagne, non su un moderno piano di lavoro, ma qui.
Ma qui i bambini più piccoli hanno sempre fatto i compiti, qui si appoggia la macchina da cucire e si sparpagliano fili e stoffe e ritagli, qui si fa il fai-da-te con colla, pennelli, chiodi e martello, qui si fa archivio e si fanno i conti, qui si appoggiano i panni appena stirati.
E si fa colazione, tutti insieme la domenica, magari con i pancake, lo zucchero a velo, la Nutella e lo sciroppo d’acero, ciacolando di quanto siano buoni e sostenendo ogni volta che la dose intera è troppa, che bisogna farne solo metà, ma poi alla fine non avanza mai neanche una frittella…
E si pranza, mamma e figli, raccontando la mattina a scuola, che cosa ha detto chi, chi ha fatto che cosa e si chiude così il cerchio del dovere: da qui, da questo tavolo, i ragazzi aprono i loro pomeriggi, dedicati a sé.
E si fa merenda, come facevo merenda io da piccola (ma, dai, la faccio ancora!), interrompendo i compiti oppure tra i compiti e le attività, per recuperare un po’ di energia, per disegnare una cornicetta tra gli impegni del pomeriggio…
E ci si ritrova tutti insieme per la cena, intorno a questo vecchio tavolo, a chiacchierare con papà, a fare richieste a papà, a raccontare ancora, a saltare in braccio a papà e a sbaciucchiarselo. Si ride, si piange, si mangia, a volte non si ha appetito, a volte il cibo è triste perché preparare è stato l’ultimo pensiero della giornata, ma si sta seduti lì, attorno al desiderio di passare un’oretta in famiglia.
E’ sempre stato l’unico tavolo della casa perché ci sembrava che un altro non servisse: in realtà un altro tavolo sarebbe pratico, ma alla fine è bello che continui a rimanere l’unico, è bello dover raccogliere le stoffe o la carta e la colla per liberare un angolo per fare merenda, è bello fare i compiti da una parte e spuntare i fagiolini dall’altra. E’ bello che rimanga l’unico perché in tutti questi anni è diventato il centro della famiglia, naturalmente.
Bello il concetto di tavolo-agorá: l’infrastruttura che facilita l’aggregazione sociale e familiare …
L’ho trovato in diversi blog anglofoni, di tutto il mondo, e l’ho sentito mio: in effetti, è uno spazio naturale di aggregazione e, se si lascia correre il flusso della famiglia, ci si ritrova lì attorno, anche senza volerlo…
-Come mi piace questo post! Anche noi abbiamo un solo tavolo, per questioni di spazio, ed è un tavolo tuttofare. Tornerò a trovarti
Anche a casa vostra quindi la padrona del tavolo è la confusione?! Grazie per essere qui. A presto!
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Bellissima l’idea di avere un solo vecchio e usurato tavolo. E’ il centro della famiglia, così come lo è la cucina rispetto a tutti gli altri ambienti della casa! Cucina e tavolo sono la condivisione della giornata di ogni componente della famiglia! Brava! Fabiana.
😉
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